Roma, 10 dicembre 2020 – Il Covid-19 ci mostra ogni giorno che le sfide del welfare sono lontane dall’essere pienamente vinte. Esistono sacche di povertà sociale, prima ancora che economica, che solo molto difficilmente sono raggiunte dal servizio sanitario nazionale. Occorrono reti territoriali e sinergie tra l’amministrazione comunale, le Asl di territorio, i cittadini e le associazioni del terzo settore. Occorre promuovere un protocollo tra Roma e le ASL locali per ripensare i servizi sanitari più vicini alla gente in modo da avere presidi e servizi dedicati a utenze differenti laddove ce n’è più bisogno. Di questo si è parlato, ieri, nel corso dell’incontro La Sanità Territoriale. Un’opportunità, per il ciclo Fori Virtuali con Giovanni Caudo, presidente del III Municipio e candidato alle elezioni di centrosinistra per Roma 2021.
“La città che cura non è solo la città che offre servizi e infrastrutture primarie ai cittadini ma è anche la città che raggiunge le persone e i loro bisogni, soprattutto nelle zone più fragili”, ha chiarito Caudo. “E, questo, un ambiente urbano può farlo solo se è in grado di attivare sinergie e di avere una chiara progettualità. Lo dimostra il caso del progetto Habitat Microaree (HM) di Trieste, un programma di promozione del benessere e della coesione sociale promosso dal Comune, dall’Azienda sanitaria locale e dall’Azienda territoriale per l’Edilizia residenziale (ATER) con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita degli abitanti nelle aree più a rischio. Un sistema perfettamente inquadrato nello schema del portierato sociale integrato. L’Istituzione e la diffusione di queste strutture a Roma consentirebbe di raggiungere e prevenire anche quelle condizioni estreme di barbonismo domestico che stanno moltiplicandosi, nell’inconsapevolezza generale. Nel contempo, si potrebbe prestare aiuto alle persone prima di arrivare all’ospedalizzazione attraverso l’acquisto di farmaci, visite mediche e, non da ultimo, garantendo la vicinanza a quanti hanno problematiche di carattere sanitario e che potrebbero così trovare ascolto e delle risposte. Ma per fare questo, occorre impegnarsi seriamente nella progettualità”.
“Da presidente del III Municipio lotto da circa un anno, insieme alla mia amministrazione, per la realizzazione di un portierato sociale nel quartiere del Tufello. Luogo meraviglioso scelto, non a caso, per l’alta incidenza di persone anziane e per la sua condizione di periferia interna con sacche di disagio anche importante. Lì, abbiamo individuato uno spazio di proprietà del Comune, inutilizzato, ben visibile sulla strada, che sarebbe ideale allo scopo ma stiamo trovando grandi difficoltà a causa di lacune nella cornice progettuale che stanno facendo diventare una questione – che potrebbe essere semplice – estremamente farraginosa. L’amministrazione dovrebbe immediatamente prevedere queste strutture dando la possibilità dell’attivazione degli spazi fisici e delle infrastrutture relative. Si può fare. Ed è urgente farlo. Ma, come sempre, occorre volerlo”.
“Per il governo delle città la sfida posta dalla pandemia è ancora tutta da cogliere, molte cose sono cambiate e molte cambieranno nella vita urbana e negli assetti della città, anche dopo che sarà arrivato il vaccino. Gli effetti di questi mesi continueranno a farsi sentire e molte cose non saranno più come prima. Abbiamo la possibilità di prevenire futuri disagi e di andare incontro alle persone su un tema particolarmente spinoso, importante e sentito, lavorando nel contempo sulla mitigazione delle disparità sociali e sul senso di abbandono, vero flagello per molte persone di questa città”, conclude Caudo.
Alla discussione ha partecipato anche Lorenzo Paglione, Specialista in medicina e igiene preventiva, ASL RM1.
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